Sempre in fuga.
Se ne e' andato di casa che avevo tre anni.
L'ho "conosciuto" 18 anni fa, proprio il 23 gennaio, al funerale di mia madre.
Un estraneo, ovviamente.
Poi l'ho rivisto otto anni fa, quando sono andata a casa sua nel lodigiano, accompagnata da Giovanni che sosteneva quanto fosse importante incontrarlo da adulta.
E aveva ragione.
Abbiamo parlato tanto e alla fine ho smesso di cercare chi avesse torto o ragione. Se mia madre che raccontava che se ne era andato lasciandoci in un mare di debiti, o lui che diceva di essere andato via di casa solo con i vestiti che aveva indosso.
Me ne sono fatta una ragione di questo buco affettivo, di questa presenza costante ma cosi' assente e lontana.
E ripensando a lui, lo vedo un po' vecchietto, un signore buffo che mi somiglia (soprattutto nelle fughe!), che adora il caffelatte e mangia la pasta col pane, come me.
Che ha voluto dare al nipote acquisito il mio nome.
Firenze e Lodi sono lontane.
Via via si sono diradate le telefonate.
Cosi' ho rimandato la chiamata per dirgli che mi sarei sposata e quella per raccontargli la nascita di Gioele.
E' difficile mantenere un rapporto vivo, cosi' abituati entrambi a "non esserci".
Tanto che fatico ancora a rendermi conto che lui non c'e' piu' davvero.
Due anni fa, in questo giorno, ci sono stati i suoi funerali, ma io non ho potuto esserci.
Forse non ho voluto esserci.
Il 23 gennaio, esattamente lo stesso giorno dei funerali di mia madre, 16 anni dopo.
E' inutile continuare a cercare delle risposte.
Semplicemente le cose vanno cosi' e tanto vale farsene una ragione, anziche' arrovellarsi.
E ora che finalmente e' arrivato questo 23 gennaio e li ho sepolti entrambi per l'ennesima volta, vediamo se riesco a lasciarli andare.
E a vivere.
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