07 novembre 2003

Mi hai detto che sul lavoro sono una sicurezza. Non perdo mai la calma, faccio quel che deve essere fatto, macino chilometri sul filo del telefono, inarrestabile. Quel che si deve fare si fa.
Detto da te - per inciso - e' piu' che un complimento, un'ovazione da stadio.

E' cosi' che ieri ho affrontato i fornitori dell'altra societa'.
Sollecitato risposte fino all'ultimo minuto.
Oggi mi sono presentata alla riunione con i miei fogliolini e i fax e un sacco di euro-zeri risparmiati.
Sono riuscita a non prenderla come una questione personale e per un breve attimo mi sono sentita vincente.
E le parole taglienti del nostro futuro ex-socio mi hanno tirato fuori dallo stomaco un ringhio sordo:"E' di mio marito che stai parlando".

Non mi e' bastato. Non sono riuscita, non riesco - ora - a gestire il calo di adrenalina, il rimpianto per tutto il tempo buttato via [per non parlare dei soldi] come due bischeri.
Lo dicevo io per prima, oggi, che non si puo' convincere il mondo che tu hai ragione. E' fatica sprecata. Quello che conta e' sapere che hai agito nel giusto, come meglio potevi, seguendo i tuoi principi di onorabilita' e onesta'.

Ma sono solo parole. Quello che resta e' il groppo allo stomaco e la voglia di ficcare due dita negli occhi di un paio di bastardi che hanno incrociato la nostra strada e polverizzato la vita.

No, non sono dell'umore migliore in questi giorni.
Ma lotto, non mi lascio scivolare addosso la vita.

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