21 ottobre 2003

Piu' o meno un anno e mezzo fa la nostra tata si e' licenziata da un giorno all'altro.
Evabbe'.
Ci chiede il pagamento della liquidazione, noi facciamo una botta di conti e lei si scandalizza e spara una cifra almeno doppia. Le rido in faccia.
Rifaccio fare i conti da un consulente del lavoro e il risultato si discosta di una cinquantina di euro (a nostro favore) dalla cifra che le avevamo detto. Lei insiste.
Evabbe'.
Inizia una serie di telefonate da parte della figlia comprendenti insulti fino alla terza generazione (nostra) e poi passa in veloce successione al conteggio fatto dal sindacato (con orario inventato di sana pianta per giustificare la sua richiesta) e subito dopo alla lettera dell'avvocato. Nel frattempo la cifra e' triplicata. Io comincio a chiamarla estorsione.
Evabbe'.
Tentativo di conciliazione alla camera del lavoro fallisce perche' noi ci rifiutiamo di pagare l'onorario del suo avvocato (spropositato), ma col libretto di assegni in mano siamo pronti a firmare una cifra lievemente superiore a quella di cui lei ha diritto.
Evabbe'.

Stamattina 10:30 Tribunale civile sessione lavoro.
Il suo avvocato si prende subito una parte di merda dal giudice perche' hanno rifiutato la conciliazione, anche perche' capisce subito che tutto il lavoro dell'avvocato mira semplicemente a salvaguardare la sua parcella e non gli interessi della sua cliente. Dopo brevi consultazioni, ci accordiamo per quattromila euro composti da tremiladuecento a lei e ottocento al suo avvocato. Alla camera del lavoro hanno rifiutato tremilacinquecento a lei e cinquecento all'avvocato.
Evvabbe', sei stronza, cerchi di fare il colpo e ti becchi il difensore che ti meriti.

Infatti, alla fine dei salmi, dopo quasi un anno e mezzo lei ha intascato quello che secondo noi aveva diritto ad avere, pero' il suo avvocato e' piu' ricco di ottocento euro. Quello che mi fa incazzare e' che lo stronzo abbiamo dovuto pagarlo noi, perche' abbiamo riconosciuto il suo diritto ad avere la liquidazione.
Questo non mi fa sentire esattamente tutelata dalla giustizia italiana, ma sono perfettamente consapevole che c'e' di peggio e quindi sto zitta.

Piccola nota di colore: quando siamo entrati tutti quanti nello studio del giudice per firmare l'accordo, lei si e' slacciata la giacca, perche' faceva caldo. Mi e' caduta la mascella sul tavolo quando mi sono accorta che il maglione che indossava era uno dei MIEI.

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