10 giugno 2009

Diversità e integrazione

Firenze e Bologna distano un'ottantina di chilometri. Tre quarti d'ora in macchina ad esagerare. Eppure, nella vita di tutti i giorni tanto basta a scombussolarti un po'.

Una cosa a cui non mi sono ancora abituata, ad esempio, è questa: da che mondo è mondo a Bologna (ma anche a Ferrara, per dire) i negozi son chiusi il giovedì pomeriggio. A Firenze gli alimentari chiudono il mercoledì pomeriggio e tutti gli altri il lunedì mattina. Ogni volta che esco e vedo la cartoleria aperta resto basita per un secondo a chiedermi perchè invece il fruttivendolo sia chiuso.

Ecco... il fruttivendolo. A Firenze si chiama ortolano. E se a Bologna cerchi un posto dove vendano anche alcuni generi "no-food" tipo la carta da cucina o la carta igienica o qualche detersivo piuttosto che il pane e il prosciutto, vai dal droghiere. A Firenze ti guardano con circospezione e dopo aver sondato le tue intenzioni con qualche domanda buttata li' ti sparano un "aaaah! il pizzicagnolo!!". Che -mi raccomando- non è da confondersi col civaiolo: una sorta di droghiere specializzato in legumi, sementi, articoli da giardino.

Se a Bologna entri dal macellaio e chiedi una bistecca ti danno la fettina da fare in padella. Se lo fai a Firenze ti ammollano un chilo di carne alta tre dita. Se a Bologna chiedi le bracioline ti danno quelle di maiale, con l'osso. A Firenze invece ti danno... la fettina da fare in padella.

Per non parlare poi delle cose semplici semplici, come siamo noi massaie (ndt: casalinghe) tipo il lavello della cucina. Quello dove lavi i piatti e sotto cui riponi solitamente il secchio della spazzatura (ndt: il rusco) e i detersivi.
A Firenze no. Tanto per cominciare si chiama acquaio e sotto ci si tiene l'olio buono.

Tante piccoli sostanziali differenze per ottanta chilometri di distanza.
E poi ci meravigliamo se qualche imbecille rispedisce a casa (ndt: prigione) dei poveracci?

Eppure le cose più complesse si risolvono sempre nei modi più semplici.
Mio figlio va alla scuola pubblica e la classe è eterogenea. In tre anni di scuola (+3 di asilo) non l'ho MAI sentito appellare uno dei suoi compagni distinguendolo per nazionalità o colore della pelle.
Semmai mi chiede lumi sul significato dell'astenersi dal mangiare maiale per alcuni di loro e si pone dubbi su quale religione si senta lui di appartenere.

Ma questa è un'altra storia.

2 commenti:

Clelia ha detto...

L'Italia non è una nazione unita!!! Il linguaggio differenete lo dimostra!

Probabilmente Tuo figlio sta crescendo in una famiglia sana, che insegna valori sani... per questo non si pone il problema della nazionalità dei suoi compagni. Semplicemente è curioso e vuol capire le altre culture. Questo è davvero un eccellente segno di multiculturalità

Clelia

Pat. ha detto...

Grazie :)
Pat.